In Visioni profetiche Harold Bloom scriveva che “gli angeli sono tutt’altro che immagini effimere” ed è necessario partire da questa distinzione per andare a trovare La verità a pagina 31. I messaggeri celesti si manifestano più in fretta e sono una sorpresa per Ennio Fortis che è arrivato ad accontentarsi di un placido tran tran. Ha lasciato l’università, lavora in una libreria, senza particolari passioni, cerca di mettere ordine tra i propri archivi, quasi un riflesso innato, non potendo (o volendo) riorganizzare la propria esistenza. È il 1993 e solo qualche anno prima, insieme a un gruppo di amici guidati dal geniale e visionario Raimondo, era parte di un progetto, il Collettivo, con una vocazione per la fotografia e per il cinema. Un passato prossimo fatto di inventiva e desiderio con l’idea di ritrarre la magia discreta dei luoghi lungo la via Emilia, ma le “condizioni di luce” di Paolo Cioni sono molto diverse da quelle di Gianni Celati. Le velleità artistiche, i “goffi entusiasmi”, rivelano che “l’ingenuità può intimorire, e c’è un momento in cui non si ha a disposizione nient’altro”, finché i conti non tornano più e la ruvida realtà mette in mora anche gli ultimi sogni. Succede sempre così e il presente di Ennio Fortis si divide tra i set di tennis con Rizzoli alias il Direttore e una solitudine ben temperata, almeno fino a quando non gli giungono, in rapida sequenza, un libro dedicato agli angeli e un’inaspettata telefonata di Raimondo. Il deus ex machina del Collettivo lo spinge a ritrovare Adele, la moglie da cui si è separato, e che per Ennio Fortis è stata un’attrazione fatale. Il movente di Raimondo non non è chiaro, alimenta “la sensazione che il tempo fosse davvero una cosa strana, un groviglio inestricabile di presente e passato e futuro, non necessariamente sistemati nell’ordine che diamo per scontato”, e per scoprire la verità bisognerà andare ben oltre la pagina 31. Ennio si ritroverà a rivedere le ambizioni e i fallimenti del Collettivo, trovandosi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, tra l’irruenza di Vaclav (il socio di Raimondo), la delicata e improbabile liaison con Emma, sua collega nella libreria, il legame con la cugina Irene, muovendosi tra le vie di Parma e la provincia lungo gli argini del Po dove “a volte i luoghi dove siamo cresciuti sono una trappola”, se non altro perché mantengono in fresco segreti e rimpianti. È la luce al crepuscolo delle città di provincia, Luigi Ghirri più che Edward Hopper, con un occhio particolare al senso del tempo che quella rifrazione si porta dietro, perché se è vero che “il tempo passa: ecco tutto”, è altrettanto onesto ammettere che tra le esistenze solitarie e i sogni collettivi, per quanto ingenui fossero, una bella differenza resta. Se all’epoca del Collettivo (ne abbiamo avuti tutti uno, inutile nasconderci, e chi non l’ha avuto non sa cosa si è perso) “il mondo intero non era altro che questo, ruote dentate, pulegge, affannosi tentativi e meravigliosi fallimenti”, al momento di tirare le somme si capisce che “abbiamo tutti bisogno di approvazione, e poi, quando arriva il momento, ci manca il coraggio di fare la nostra parte”. Il tocco leggero, agrodolce e non privo di un certo romanticismo di Paolo Cioni trova con La verità a pagina 31 una sua definizione nascondendo fino al (bellissimo) finale il vero nodo dell’amicizia con Raimondo, che Ennio prova a dissimulare in tutti i modi, con una sequenza di episodi esilaranti e amari nello stesso tempo. Sotto il cielo natalizio di Parma, gli angeli sono illusioni, ricordi, impressioni che trovano forma compiuta soltanto in un racconto ironico ed elegante che accompagna il lettore a incontrare la vita così com’è, con o senza verità.
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