mercoledì 30 gennaio 2019

Francesco Biamonti

C’è qualcosa di shakesperiano in Edoardo, e non solo per via del nome. Il protagonista di Attesa sul mare coltiva i dubbi e le perplessità verso “un mondo di malinconia e di sforzi umani”, che ha come azimut la destinazione del suo ultimo viaggio da capitano. Deve portare una vecchia nave, l’Hondurian Star, da Saint-Malo a un punto non precisato delle coste bosniache. La missione è ambigua e foriera di presagi, non ultimo perché gli viene affidata a Tolone, nello stesso porto in cui, nel 1942, la flotta francese si è autoaffondata per non cadere nelle mani del nemico. Nella stiva c’è un carico di armi che aspettano di partecipare al massacro, l’ultima guerra civile europea sulle rovine della Jugoslavia. Al momento della partenza, Edoardo si lascia alle spalle il tormentato legame con Clara, l’amicizia con Giovanni, gli ulivi e le rocce e s’inoltra in un labirinto marino, guidato dall’astronomia. La natura della navigazione è furtiva: sulla superficie del Mediterraneo incombono scogli, correnti e portaerei che è necessario evitare perché “il mare è mare, ha una sua innocenza”, ma gli uomini hanno un’innata vocazione a tradirsi. Sull’Hondurian Star prevalgono allora i silenzi: le parole, nella babele di lingue di ufficiali e marinai, sono un impaccio e i gesti sono centellinati e tutti mirati a mantenere la calma e la  rotta. Si scrutano le costellazioni, si versa un po’ di gin, si evitano le luci, si annusa il vento. L’Attesa sul mare trascorre nella condivisione di piccoli momenti, dopo il tramonto, prima nell’alba, nelle ore più umili della notte, quando la memoria diventa “un naviglio leggero” e, cogliendo il senso della traversata in tutti i suoi misteri e le sue difficoltà, Edoardo arriva a concludere che “La vita è vita, ci giochiamo una carta”. La voce di Francesco Biamonti collima con quella di Edoardo: è parca, essenziale, concentrata sulle luci, sulle ombre e sui riflessi, che sottolineano ogni frase. Nell’evenienza, può essere stridente o dolcissima, ma è ricamata su misura per i paesaggi non meno che per i personaggi di Attesa sul mare. Un’attenzione meticolosa che però non perde di vista un orizzonte più ampio, così come lo descriveva Francesco Biamonti in Scritti e parlati: “In realtà volevo provare se ciò che c’è di fondamentalmente umano, può tenere davanti al caos, agli odii storici contemporanei: cioè se l’uomo può contemplare o agire dentro queste situazioni mantenendo una visione del mondo antica, fatta di un umanesimo a volte tragico, a volte anche intimistico”. Il dilemma dell’Attesa sul mare è un riverbero di tempi sanguinosi: la guerra è “solo una malattia” da cui non si guarisce ed Edoardo è testimone di un’interminabile tragedia che Francesco Biamonti ha saputo accostare quella straordinaria premura, che lui stesso ha descritto così: “Rispetto agli altri libri Attesa sul mare tocca un punto più cruciale, e quindi mi è occorso maggior pudore, maggiore riservatezza, per non portare la scrittura al grado della cronaca, ma fare in modo che mantenesse la complessità poetica di una visione del mondo basata anche sull’umanizzazione di ciò che circonda gli uomini. Perché è destino umano abitare un mondo, ma è anche destino umano sognarne un altro”. Toccante.

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