mercoledì 22 marzo 2023

Valentina Calzavara, Daniele Ferrazza

Gli anni recenti della pandemia hanno tracciato un solco profondo nella percezione delle nostre esistenze e richiederanno una gamma di riflessioni sempre più ampia “per scorgere nella vicenda umana i segni che invitano ad una intelligenza più attenta e profonda di quel che sta accadendo”, come dice monsignor Vincenzo Paglia, uno dei protagonisti intervistati da Valentina Calzavara e Daniele Ferrazza per Diversi da prima. I dialoghi, cresciuti anche dal confronto con “una instabilità emotiva difficile da descrivere”, coprono un arco rappresentativo di espressioni, ruoli e identità: scrittori (Roberto Ferrucci, Paolo Cognetti), sindacalisti (Marco Bentivogli), atleti (Sara Simeoni), medici (Silvio Garattini, Alessandra Graziottin), politici (Silvia Costa), personaggi televisivi (Pippo Baudo) consegnano le loro impressioni nel tentativo di “imparare qualcosa da questo disastro”, importante proposito dichiarato da Dacia Maraini in Elogio della lentezza, presentazione d’autrice che introduce Diversi da prima. I confronti sono molto scrupolosi nel collocare la crisi pandemica come “un potente acceleratore di fenomeni e comportamenti individuali e collettivi” e tengono conto sia delle specifiche competenze e conoscenze degli ospiti, che il più delle volte si spendono con generosità e attenzione, sia dell’incalzare di Valentina Calzavara e Daniele Ferrazza che, da angolazioni ed esperienze diverse, riescono a tessere una trama tanto ricca quanto coerente. Se il punto di partenza è ritrovare “i valori dell’integrità dell’ambiente, del lavoro, dei rapporti umani”, come sostiene ancora Dacia Maraini, spesso le analisi convergono sui sistemi economici che sottintendono le nostre vite e che fanno da cornice allo svolgersi dei nostri tempi. Se Silvio Garattini sostiene che “la salute non può essere sottoposta alle stesse leggi che regolano il mercato del profitto”, monsignor Vincenzo Paglia sembra rispondergli, ampliando però il suo punto di vista: “Ed ecco, dove siamo arrivati. Non per un cieco destino. Non c’è dubbio, la globalizzazione, se per un verso ha realizzato progressi enormi, lasciata in balia del solo mercato, del solo profitto, e non anche della democrazia, della solidarietà, ha accresciuto e approfondito dissesti nel creato e disuguaglianze nell’umanità”. Ogni mutazione ha componenti ingombranti e spigolose, alcune subdole e non del tutto risolvibili, come abbiamo visto con la pandemia, ma per affrontarle serve quello che Marco Bentivogli chiama “un approccio positivo di fronte al cambiamento, dando spazio alla competenza e seminando pensiero critico”. L’intenzione è condivisa un po’ da tutti i convenuti, pur nelle differenti sfumature legate ai singoli profili. Ad Alessandra Graziottin, per esempio, che si augura “vivamente che quello che abbiamo appreso, una maggiore responsabilità verso la salute, un più diffuso e convinto rispetto delle regole diventino stabile patrimonio comune”, sembra rispondere, di nuovo, monsignor Vincenzo Paglia, quando dice “noi siamo parte della vita e la vita comune è parte di noi: dobbiamo accettare queste dipendenze e apprezzare la responsabilità che ce ne rende partecipi e protagonisti. Non c’è alcun diritto che non abbia come risvolto un dovere corrispondente: la convivenza dei liberi e uguali è un tema squisitamente etico, non tecnico”. Sentirsi parte di un intero è il tema che emerge spontaneo da Diversi da prima e con un semplice salto di quattro parole Sara Simeoni riesce a riassumerlo così: “Essere leali e onesti significa essere liberi”. Qualcuno doveva pur dirlo.