martedì 12 giugno 2018

Diego Gabutti

Cospiratori e poeti mette in chiaro i motivi per cui Parigi è diventata lo snodo intellettuale, artistico, sociale e politico per più di due secoli. Dalla Comune di Parigi al Maggio 68, come recita il sottotitolo, si alternano nel manifestare vocazioni utopiche, ribellioni e inversioni di rotta “pittori, studenti, rivoluzionari, imbroglioni internazionali, turisti, psichiatri, gente equivoca, scultori e cortesi spie a corto d’informazioni”. Un milieu esplosivo di “uomini d’azione la cui azione consisteva nel sognare” che alla fine, passandosi il testimone di idiosincrasie, colpi di mano, barricate e follie, hanno generato la particolare tessitura culturale della Ville Lumière. Per dare forma all’esuberanza di Cospiratori e poeti, Diego Gabutti parte dai singolari protagonisti, tutti leader alla ricerca della “trama segreta del mondo, o meglio dei mondi plurali che si rincorrono eguali o sottilmente diversi attraverso l’infinito”, come diceva di Louis-Auguste Blanqui. Attorno alle biografie di Victor Serge, Paul Lafargue, François Maric Francois Maric, Victor Noir, André Breton, Pierre-Joseph Proudhon o Léo Malet si catalizza l’idea di Novalis di “romanticizzare il mondo”, applicata però alla realtà cittadina, con “la necessità di realizzare immediatamente le condizioni oggettive dell’emancipazione individuale. L’inizio del momento rivoluzionario deve segnare per tutti un aumento immediato del piacere di vivere”. Lo sosteneva uno dei principali Cospiratori e poeti, Charles Fourier, e Diego Gabutti, pur dando vita a un racconto ricco, colto, attraente ed effervescente, resta lucido quel tanto che basta da ricordare che “l’idea che i poeti si facevano della rivoluzione e dei rivoluzionari era un’idea da poeti”. Una distinzione indispensabile anche soltanto per mettere in risalto i momenti salienti vissuti da Cospiratori e poeti, in ordine rigorosamente sparso: l’affaire Dreyfus e la nascita dell’opinione pubblica moderna, il futurismo e il dadaismo, la guerra imperiale e la guerra civile, Fantômas e La società dello spettacolo, surrealisti e situazionisti, nichilisti e dadaisti, polemiche e amicizie, un flusso di idee senza sosta e rivolte celebrate, il più delle volte, tagliando salami e stappando bottiglie. L’avant-garde fatta “corpi armoniosi, movimenti ritmati, voci melodiose” resterà, per definizione, incompiuta, ma Cospiratori e poeti costituiranno una solida tradizione metropolitana alla radice, in conclusione, delle bandiere ribelli del 1968, perché,  ça va sans dire, “è soltanto a Parigi che scocca l’ora X”. I precedenti, illustrati da Diego Gabutti con savoire faire, sono evidenti e inamovibili e rispondono alla perfezione alla definizione finale di Guy Debord: “Era la poesia moderna, da cent’anni, che ci aveva condotti lì. Eravamo alcuni a pensare che bisognava attuarne il programma nella realtà; e in ogni caso non fare nient’altro”. Il sapore della sconfitta, che hanno assaporato più o meno tutti i Cospiratori e poeti non toglie nulla alla genialità, all’irruenza, alla fantasia e in definitiva all’estemporaneità delle loro visioni. Parigi è una culla per profeti, avevano capito per tempo, che il vero potere è nell’arte di sognare. 

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