Croce del Sud è un’odissea letteraria che Claudio Magris intraprende da archivi ed epistolari: con una raffinata opera di tessitura riesce a collegare le esistenze (vite, morti e miracoli) di tre distinte figure dentro un territorio che va da Buenos Aires agli estremi dell’Antartide e lungo secoli e secoli. I tre, visti i presupposti, non si sarebbero mai incontrati, né visti, e nemmeno sfiorati. Si tratta di personalità diverse e divergenti che convergono in un territorio sterminato e in gran parte inesplorato, che ha significato molto nell’evoluzione, non sempre felice, del genere umano. Claudio Magris sfodera tutta la sua eloquenza per incrociarne i destini e pennella le loro biografie scomponendo le fonti e rimodellandole in un’elegante ibrido tra saggio e finzione. Un’operazione non priva di rischi a cui però Magris riesce a dare una coerenza con passione e garbo: ne nasce un racconto avvincente e avventuroso, che sa stare tra il comico e il drammatico, coltivando un florilegio speciale di riferimenti storici, scientifici, geografici e letterari. Si parte con Janez Benigar, antropologo, autodidatta e viaggiatore da Trieste e la sua vicenda “è quella di un uomo che inizia studiando da scienziato, sia pure sostanzialmente dilettante, un mondo, una civiltà lontana, agli antipodi geografici e storici della civiltà in cui egli è nato e che finisce per entrare in quella civiltà, per farla almeno in parte sua, uno specchio del suo volto”. Tra Patagonia e Araucania, Janez Benigar è mosso da una moltitudine di motivazioni in cerca di quel “luogo in cui ci si sente a casa nella vita e i cui colori, paesaggi, venti sono la familiare musica dell’esistenza”. A quel punto, le mappe sono inutili e Magris avverte che “l’identità ama presentarsi compatta e unica ma si sgretola in una moltitudine, in un’anarchia di atomi, come avevano già detto Nietzche, Bourget e Musil prima ancora che Benigar partisse da Trieste con l’Oceania”. Un personaggio ammirevole che con le sue gesta conferma una verità insindacabile, ovvero che “la vera domanda non è quella da dove si viene ma quella dove si va”. Ancora più eccentrica la figura di Orélie-Antoine de Tounens, che per Magris “è un eroe ottocentesco da melodramma, teatrale e caricaturale, incline al pathos e ai grandi gesti, sul confine tra il dramma e l’operetta”. Tra rivolte e guerriglie, rovesci e prigioni, saghe e leggende, il pittoresco avventuriero Orélie-Antoine de Tounens insegue anche il miraggio di Los Césares, un mitico Eldorado della Patagonia, ed è quello il momento più critico di Croce del Sud, ovvero “quando le si fanno tintinnare le parole suonano come oro falso”. L’accorgimento di Claudio Magris è benevolo e il giudizio su Orélie-Antoine de Tounens è una breve apologia dell’eccentricità e della bizzarria: “La sua follia merita l’onore delle armi; è certo ridicola, come ogni follia, Don Chisciotte è anche un capolavoro di umorismo, ma la sua sfida trafigge, come in un duello, l’ottusa e crudele corazza della cosiddetta realtà e incide su quest’ultima”. Tra i protagonisti di Croce del Sud, la più concreta rimane Suor Angela Vallese che si prodiga in mille modi nella difesa degli indigeni e che Magris ritrae notando “nella sua persona e nella sua storia, un’altra chiarità, una continuità di luci monocromatiche che velano più di una spessa tenda quello che c’è dietro quel volto, dietro quel sorriso e quella generosa energia”. Sono queste le distinzioni che rendono così vivide le caratterizzazioni di Croce del Sud, e quella di Suor Angela in particolare, perché come nota Magris, nel suo afflato altruista non c’è “nessuna ingenuità, nessun candore inesperto; ha visto e vede troppo sangue e troppo orrore per farsi illusioni sulla bontà dell’uomo e del creato”. Tra l’altro il suo capitolo nasconde in realtà un sentito omaggio a Daniele Del Giudice e a Orizzonte mobile, perché in fondo Croce del Sud è un affascinante bricolage che sarebbe piaciuto a Borges, ospite citato spesso e a proposito, con un andamento giocoso, anche all’interno di veri e propri movimenti tellurici, visto che “la storia del mondo non è molto più complessa di quella di un cuore, non importa molto se semplice o tormentato”, e questa, nella sua semplicità, è solo gran classe.
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