Le storie cominciano nella notte di Capodanno del 1953 con Hank Williams che muore in una Cadillac bianca a soli ventinove anni, dopo aver cambiato per sempre il volto della musica americana. Poi le pillole quotidiane di Gianni Lucini ripercorrono secoli di storia della musica in modo garbato, con un florilegio di aneddoti, ma anche con un occhio di riguardo a cosa succede nel frattempo in giro per il mondo: non è un almanacco, ma è un anno vissuto pericolosamente, anche perché è bisestile ed è una bella rarità, anzi è proprio un’anomalia irripetibile e un motivo c’è, perché la musica sfiora sempre i lati più sensibili dell’animo umano. Ci sono corsi e ricorsi storici e, senza una sbavatura che sia una, Gianni Lucini non rinuncia a raccontare le distorsioni dell’industria discografica e della società dello spettacolo, come le interazioni con i nodi politici e sociali. Le notizie giornaliere rivelano la vocazione per musicisti poco accomodanti (Bob Marley, i Clash, Alice Cooper, giusto per citarne alcuni) e per una lunga serie di outsider e sconosciuti scovati nei bassifondi e riportati alla luce, per quanto possibile nel ridotto spazio di una rubrica di un quotidiano. Qui trovano giustamente una collocazione più idonea e nella collezione, giorno per giorno, si scopre una personalissima teoria del caos che sottintende un particolare ordine. Per esempio, sembra impossibile trovare un collegamento tra l’esordio di Addio Lugano bella (e si torna indietro al 22 novembre 1891) accostato naturalmente al 21 novembre 2003 con i Jethro Tull banditi negli Stati Uniti, ma leggendole una dopo l’altra le vicende non sembrano così distanti nel tempo e nello spazio, anzi. La formula, brevissima, non è da considerarsi esaustiva, ma Gianni Lucini in queste Storie di musica, musicisti, mode, vizi, virtù ed emozioni assortite (soprattutto queste ultime) mette in fila una bella selezione di fatti ed eventi, alcuni già noti e raccontati, altri che vanno scoperti insinuandosi tra le pagine dato che “ogni giorno ha la sua storia anche se le date sono fondamentalmente un pretesto”. Questo si capisce ben presto nella felice miscela, fin dalle prime battute dove ai Beatles (protagonisti in contumacia agli inizi, ma poi si prenderanno tutto lo spazio necessario) si affiancano Jimi Hendrix, Tampa Red, Graham Parker, Howlin’ Wolf e Armando Gill “all’anagrafe Michele Testa Piccolomini”, ognuno ritratto nel proprio habitat naturale. Ci sono parentesi fortunate e altre un po’ meno: Gianni Lucini non fa sconti e nelle sue ricostruzioni spuntano arresti, battaglie legali, scontri, omicidi e suicidi perché la musica è fatta da esseri umani con le relative debolezze, ma è tutto raccontato senza enfasi, con misura e con la consapevolezza che il senso di ogni giornata non può che essere propedeutico a un maggiore sforzo di approfondimento. La formula funziona perché Gianni Lucini ha il dono più unico che raro di sapere gestire la brevità e senza perdersi in fronzoli e preamboli riesce andare subito al cuore delle singole questioni che, nell’insieme, costituiscono una storia alternativa e credibile. Descriverla nel dettaglio è improbabile perché gli spunti sono proprio 366 e c’è solo l’imbarazzo della scelta: si può partire da Tito Puente per arrivare a Mary Lou Williams, la jazzista che scrisse una messa per il Vaticano, ci sono bluesman e pornostar, ribelli e rivoluzionari, i Fumogeni al Vigorelli e La prima volta del sottomarino giallo, Lili Marleen e la lotta dei minatori contro la Thatcher, Graceland e l’Hotel Supramonte, Woody Guthrie e Jim Morrison, Rabagliati e Nick Drake tutti felicemente compressi uno dopo l’altro, senza altra indicazione, se non quella di “non perdere il ritmo”. O meglio come dice Lee Scratch Perry (bisogna andare al 23 settembre 1977): “Lasciatevi attraversare al ritmo e la musica verrà da sola”. Provate a leggerlo, succederà proprio così.