Wendell Berry che risponde solo per lettera. Lo spettro di Willa Cather. Richard Ford che si fa coast to coast in cerca di consiglio. Wallace Stegner che ispira chiunque. Robert Ward che suona, canta e balla. Gli scrittori americani sono “artisti a tutto tondo, con mille curiosità e pieni di vita” ed è uno dei motivi per cui ci piacciono così tanto. L’altro è che conservano un’attitudine da outsider che Domani è un posto enorme illustra con un mood giocoso, scambiando in continuazione il valore delle storie per le persone e delle persone dentro le storie. Prende forma così un’America immaginaria e molto concreta, con insegnanti e allievi, viaggi e peripezie, ospitalità e amicizie, prima tra tutte quella tra Nicola Manuppelli e Chuck Kinder, inserito nell’epicentro di “un gruppo ribelle e creativo che nacque da quei tempi tumultuosi e che perlopiù, eccetto Ray Carver, venne trascurato dai burocrati di New York”. Cominciamo proprio con Raymond Carver e Chuck Kinder, che tra loro “amavano parlare di letteratura, bere, fare festa, dirsi bugie sempre più grosse e tirare l’alba, fare della loro vita un racconto e dei loro racconti la propria vita”. Non ci sono liturgie editoriali, agenti, diritti, avvocati: qui c’è l’entusiasmo contagioso per la scrittura e la lettura (che vanno sempre insieme), per le storie e le poesie, e se serve i libri si pagano da sé. È una “festa mobile” che si riproduce in continuazione: gli aneddoti sono divertenti, anche quando sono tristi (perché qualcuno se ne va troppo presto), sono stravaganti, come è giusto che sia, e rocamboleschi. Sembra di essere lì, qualcosa è realtà, qualcosa è leggenda, ma come dice Chuck Kinder in person “non lasciare che la verità intralci una buona storia”. Quella che gli ruota attorno è una sorta di comunità non dichiarata, non ufficiale, che fluttua di romanzo in romanzo, di party in party. Porzioni di realtà e narrativa che si compongono come in un drink che si rispetti, ma l’atmosfera gioviale e divertita non deve trarre in inganno: Domani è un posto enorme condivide una visione volitiva della letteratura in tutte le sue declinazioni, persino nelle difficoltà (che non sono poche), tanto che pare spontaneo tracciare un interessante parallelo tra sua maestà dissoluta Fitzgerald e Chuck Kinder che condividono “la passione per le luci, per l’acqua, per una letteratura che è fatta di sensi; un certo approccio epicureo all’esistenza. E ovviamente l’alcol. E poi le donne e le belle automobili. E i sogni d’estate. E un’insana attrazione verso il mondo sotterraneo della criminalità e degli spacci clandestini. L’amore per la scrittura, in fondo. E, su tutto, una continua riflessione sul tempo che passa e in fantasmi di cui siamo circondati, i fantasmi delle possibilità passate, presenti e future”. Per rendere l’idea dell’atmosfera di quell’habitat, Nicola Manuppelli dice che “ricorda quello dell’album Time Out of Mind di Bob Dylan, dove figure dei tempi andati si ritrovano a ballare in una dimensione fuori dal tempo con personaggi di oggi e di domani”, e non è un caso che le sue canzoni permeassero Wonder Boys, il film tratto dal romanzo di Michael Chabon, con parecchie affinità al lifestyle di Chuck Kinder e compagnia bella. E questo perché “tutti noi siamo infestati da ricordi e fantasmi di persone passate, perché sono la nostra memoria, le nostre radici. Per far sì che il nostro edificio sia saldo dobbiamo inchiodare il più possibile queste radici a terra”. Delineando la personalità di Chuck Kinder e per estensione dello scrittore in generale, Nicola Manupelli lo paragona a un mago che “non disprezza la realtà. La trasforma nel modo in cui gli sembra più bella. Se la realtà ha dei vincoli, semplicemente li tralascia, se ne dimentica. Crea il mondo”. È così che Domani è un posto enorme si propaga a ondate e coinvolge elenchi di scrittori e romanzi e poesie che Nicola Manuppelli dispensa con grande generosità: qui ci abbastanza indicazioni da riempire le collane di uno o due editori, e consigli di lettura sufficienti per una vita. Fatevi avanti.
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